Diario #20: Sulla perplessità...

Ho accolto il mese di Aprile con molte (forse troppe) aspettative come ogni anno.
La voglia di colore, di sole, di profumi e di novità mi colpisce sempre con l’arrivo di questo mese che segna la vera esplosione della primavera.
Certo, nessuno poteva immaginare di passare da un giorno all'altro dal golfino di cotone leggero alla canotta e di soffrire una caldo afoso ed opprimente con così tanto anticipo. Non so voi, ma io ne ho risentito parecchio. Spossatezza, irritabilità, nervosismo ed insofferenza...beh, avrete capito che il caldo, quello esagerato, proprio non mi va.
Penso che il mese di Aprile appena trascorso possa essere definito: “il mese della perplessità”. A partire da questa folle variazione meteorologica a cui sono susseguiti fatti ed avvenimenti piuttosto contorti, strani, inspiegabili e...boh, non saprei proprio come definirli. (Il “boh” rende l’idea della perplessità in maniera chiara)

Non mi piace la perplessità. Preferisco la chiarezza, la logica...quando “il discorso fila”. Eppure c’è sempre qualcosa o qualcuno che ci lascia perplessi.
Può essere un comportamento scorretto messo in atto da qualcuno, la faccia tosta di certe persone che pare non abbiano vergogna, la mancanza di rispetto, la presa in giro...quanti sono gli atteggiamenti che ci fanno confondere? Tantissimi. Per non parlare dei fatti improvvisi e non sempre sorprendenti che possono accadere ogni giorno.
La perplessità è un’emozione o più uno stato d’animo che scaturisce da una determinata situazione?
Quando resto perplessa mi capita di sentirmi arrabbiata, delusa, confusa...sono tante le sensazioni che si provano. A volte la perplessità può anche sorprendere positivamente, perché no.
Quel che è certo è che va di pari passo con uno stato di indecisione o di incertezza rispetto a ciò che si deve fare o pensare, col non sapere quale partito prendere e quale comportamento adottare.
Mi viene quindi da pensare che sia una condizione il più delle volte scomoda.

Così mi sono documentata leggendo il pensiero dello psichiatra C. Andrè specialista in psicologia positiva che afferma:
“Alla nostra epoca la perplessità non piace. Di fronte alle situazioni nuove veniamo presi dalla smania di agire, vittime della malattia contemporanea che io chiamo “reattività cronica”. Pensiamo di dover reagire sempre e di doverlo fare in fretta. E per reagire in fretta, bisogna decidere in fretta. Ci sentiamo intolleranti rispetto ad ogni forma di incertezza: ci piace poco non sapere, perché ci piace poco l’idea di non agire e reagire”.

Eccomi qui! Sono la persona appena descritta. Faccio molta fatica a non reagire, ad aspettare. Se una cosa non mi è chiara, se reputo un atteggiamento ambiguo non riesco ad aspettare, ad accettare il fatto di non poter capire tutto fino in fondo. Eppure...mi rendo conto che arrovellarsi a volte non fa altro che rendermi ancora più nervosa e scontrosa nei confronti di una situazione che non dipende da me. Questo voler intervenire a tutti i costi, questo voler gestire le situazioni al meglio sforzandosi di capirle anche quando non si può fare, come può essere contenuto e sedato visto che non porta nulla di buono?
“Imparare ad accettare e ad amare la perplessità significa lasciare andare ciò che in quel momento non riusciamo a controllare. Questo non può che renderci più sereni (molte delle nostre angosce sono causate dall'incapacità di tollerare l’incertezza) e più astuti (contrariamente a ciò che si pensa oggi, la reattività non è sempre una qualità e spesso spinge a commettere idiozie)”.

Che gran fatica cercare di non essere reattivi quando lo si fa da sempre, quasi come forma di sopravvivenza giornaliera... Forse, per la propria serenità sarebbe opportuno sforzarsi di farlo. Accettare quindi il fatto di non poter controllare tutto...


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